Il radon, un gas radioattivo naturale presente nel suolo e nei materiali da costruzione, rappresenta un rischio significativo per la salute umana quando le sue concentrazioni superano determinati livelli negli ambienti chiusi. Con l’aumento degli interventi di efficientamento e ristrutturazione degli edifici, si è posto un nuovo dilemma: come evitare che tali interventi, se non gestiti correttamente, portino ad un aumento delle concentrazioni di radon all’interno degli ambienti?
Secondo il recente aggiornamento del Piano Nazionale d’Azione per il Radon (PNAR) pubblicato dal Ministero della Salute, il problema è stato messo al centro dell’attenzione, ponendo l’accento sul fatto che gli interventi di efficientamento energetico devono essere gestiti in modo da non peggiorare l’esposizione al radon.
Il radon è stato classificato come una sostanza cancerogena dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed è responsabile di un numero significativo di casi di cancro ai polmoni ogni anno. Le stime suggeriscono che in Italia ci siano circa 800.000 abitazioni con concentrazioni di radon superiori ai 200 Bq/m3, un livello considerato sopra la soglia di rischio.
Gli interventi di efficientamento energetico, se non accompagnati da adeguate misure di gestione del radon, possono rendere gli edifici più “ermetici“, favorendo l’accumulo di questo gas all’interno degli ambienti. Ciò può comportare un aumento delle concentrazioni di radon e quindi un aumento del rischio per la salute umana.
Il PNAR 2023-2032 stabilisce chiare linee guida per affrontare questa sfida. Innanzitutto, sottolinea l’importanza di monitorare le concentrazioni di radon anche durante gli interventi di efficientamento energetico. È essenziale che tali interventi siano progettati e realizzati considerando anche l’effetto sulle concentrazioni di radon, e che vengano implementate contemporaneamente misure per mitigare questo rischio.
Inoltre, il Piano stabilisce obiettivi specifici per ridurre l’esposizione al radon nei prossimi dieci anni. Questi obiettivi includono la riduzione delle concentrazioni di radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni con concentrazioni superiori ai livelli di rischio, nonché la verifica che le nuove costruzioni rispettino determinati standard di concentrazione di radon.
È chiaro dunque che affrontare il problema richiede un approccio olistico che tenga conto sia delle esigenze di efficientamento energetico degli edifici, sia della necessità di proteggere la salute umana dalla esposizione a questo gas nocivo.
In conclusione, è fondamentale che i professionisti del settore edilizio, insieme alle autorità competenti, collaborino per garantire che gli interventi di risparmio energetico non aumentino il rischio legato al radon, ma contribuiscano invece a creare ambienti sani e sicuri per tutti. Solo così potremo ottenere gli obiettivi di efficienza energetica senza compromettere la nostra salute.